Una delle paure più diffuse nella società odierna è certamente quella di commettere errori e di doverne poi scontare pesanti conseguenze (personali, sociali, lavorative, ecc). A tale disagio, si accompagna spesso una sensazione di vergogna, come se si corresse il rischio di commettere qualcosa di imbarazzante.
Queste persone sono sempre molto attente a dove mettono i piedi, come se dovessero attraversare un campo minato, magari utilizzando rituali di controllo preventivo o un certo perfezionismo per prevenire i loro possibili errori. In ogni caso, sentono di non avere mai quella totale sicurezza circa lo scoppiare o meno della mina.
I rituali preventivi possono esprimersi con ripetuti controlli, con richieste di valutazione e rassicurazione sul compito svolto, con un livello di attenzione e concentrazione decisamente elevato rispetto a quanto richiesto dalla prova in sé.
In altre parole, si ha molto spesso la sensazione che ogni sforzo compiuto per scongiurare l’errore non sia mai sufficiente ed è facile assistere a frasi come “Tanto non basta mai“, “Come faccio, come sbaglio“, “Non va mai bene niente“, ecc.
Addirittura, nelle forme più acute, è possibile riscontrare una sorta di auto-condanna “Sono io che sono sbagliata” o “Sono un fallimento“.
Questi scenari sono molto frequenti in tutti i contesti relazionali in cui l’errore viene puntualmente demonizzato e non accettato. Un padre che non tollera l’errore di suo figlio o un datore di lavoro che impone standard di prestazioni molto elevate ai suoi dipendenti ha buone possibilità di promuovere un quadro di questo tipo, con sintomi quali tachicardia, frequenti dolori al collo o alla testa, cefalea, respirazione alterata da sospiri, sudorazione e vampate di calore.
L’ansia, inoltre, se socializzata diventa ancora più forte, come se legittimata da chi l’ascolta. Come sappiamo, difatti, la preoccupazione, così come la paura, può essere superata solo se affrontata in prima persona: la paura guardata in faccia può divenire coraggio. Nessuno può superare la paura al posto nostro!
Soprattutto all’interno dei contesti familiari ed educativi, non lasciar spazio all’errore fino alla sua demonizzazione, significa far sviluppare al proprio figlio/alunno una scarsa capacità di giudizio. Non sono pochi i giovani-adulti che, ancora oggi, tendono ad avere un’estrema severità di giudizio personale, promuovendo un senso di colpa così profondo da non sentirsi mai adeguati o all’altezza.
Concedere ai propri ragazzi di sbagliare, stabilendo comunque delle regole, significa dar loro la possibilità di confrontarsi con se stessi e con gli altri.
Concedersi qualche errore nella propria giornata, permettersi di sbagliare anche solo una piccolissima cosa, significa allenarsi alla flessibilità, ristabilire il giusto peso delle cose e, soprattutto, promuovere l’insegnamento più grande: quello di imparare dai propri sbagli.
Una giornata impeccabile non è una giornata senza errori, ma percepita come produttiva al di là delle nostre mancanze. Quando diciamo “Oggi è stata la giornata perfetta” non è certo perché non abbiamo commesso errori, ma perché siamo riusciti ad andare oltre, perché si è creata un’alchimia fra accettazione, produttività ed emozione che ha provocato quella precisa percezione di “perfezione”.
Stiamo sempre attenti ai nostri errori: se li sappiamo riconoscere possono essere i nostri migliori insegnanti.
“L’esperienza è il tipo di insegnante più difficile. Prima ti fa l’esame, poi ti spiega la lezione” O.Wilde