Disturbi Alimentari

ANORESSIA

Graduale e progressiva diminuzione della quantità di cibo ingerita con conseguente calo di peso notevolmente al di sotto del proprio peso forma. Nella maggioranza dei casi insorge dopo una dieta dimagrante e si esplica in termini strategici come un tentativo di controllo talmente ben riuscito da non poterne fare a meno. Al di sotto di un certo peso, infatti, la percezione del corpo si distorce come se la persona indossasse delle lenti deformanti per cui più il peso diminuisce più il corpo sembra gonfiarsi. Il cibo diviene un nemico da combattere e da aborrire. Frequente è l’uso di lassativi o di diuretici con l’obiettivo di diminuire sempre più di peso.

Le usuali tentate soluzioni adottate spesso dai familiari nell’intento di risolvere il problema sono rappresentate da:

  • Controllo costante delle quantità di cibo ingerite dalla ragazza con associate esortazioni a mangiare che portano la persona ad arroccarsi ancor più nelle proprie posizioni, inserendosi nel paradosso per il quale più le viene chiesto di mangiare, meno mangia;

  • Socializzazione continua del problema in casa che crea spesso anche il vantaggio perverso del riuscire in questo modo ad ottenere più attenzione e protezione.

Nel caso di una giovane adolescente (fino ai 16-17 anni) e di un evidente invischiamento della famiglia anche in età superiore, l’intervento prevede il coinvolgimento della famiglia, maggiore nel caso delle più giovani.

La Terapia Breve-Strategica, utilizzando la stessa logica di funzionamento del problema, va a rompere il circolo vizioso che incatena la persona al disturbo, per poi farla divenire consapevole dei meccanismi disfunzionali di mantenimento del problema, fino alla sua totale risoluzione.

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VOMITING – SINDROME DA VOMITO

Definita nella nosografia classica come bulimia, in realtà la sindrome da vomito o vomiting rappresenta un disturbo a se stante. Su base bulimica, più frequentemente anoressica, il disturbo si struttura inizialmente utilizzando il vomito come principale tentativo di compensare ai “danni” compiuti con il cibo. Successivamente, come accade con tutto ciò che viene ripetuto per un certo periodo di tempo, il mangiare per vomitare diviene un vero e proprio rituale basato sul piacere. Si tratta di una sorta di demone/raptus di fronte al quale la persona si sente completamente inerme; qualcosa di indesiderato, ma al tempo stesso anelato in virtù della sua natura trasgressiva.

Soprattutto nel caso di giovani adolescenti, esiste spesso un forte invischiamento della famiglia che, in questo caso, è opportuno coinvolgere nel trattamento, al fine di bloccare anche le tentate soluzioni disfunzionali del sistema, che si esplicano spesso in continui controlli e tentativi di persuasione affinché la ragazza smetta di vomitare.

Obiettivo della Terapia Breve-Strategica è quello di spezzare il circolo vizioso che costringe la persona a rimanere incatenata al disturbo, agendo sia attraverso un blocco delle tentate soluzioni adottate sia sul rituale basato sul piacere, per giungere alla costruzione di un nuovo equilibrio con il recupero di tutte le forme di piacere precedentemente annichilite dal disturbo.

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BULIMIA

Ingestione di massicce quantità di cibo che determina un incremento ponderale al di sopra del proprio peso forma. In ottica strategica si possono distinguere tre tipologie fondamentali:

  1. Continua ingestione di cibo durante tutto il corso della giornata in assenza di vere e proprie abbuffate. Il peso aumenta in maniera esponenziale con un’usuale manifestazione di problematiche legate al sovraccarico cui vengono sottoposte le funzioni corporee in relazione al peso eccessivo;

  2. Alternanza di periodi di riuscito controllo (dieta), con perdita anche di molti Kg, a periodi di perdita di controllo che sfocia in vere e proprie abbuffate. I cibi negati controllando l’alimentazione divengono talmente desiderabili da essere percepiti dalla persona come irrinunciabili, entrando nel paradosso del più me lo nego, più lo desidero e ne vengo travolto;

  3. Il cibo va a compensare un vuoto. Si includono tutte quelle persone nelle quali il cibo serve a compensare delle mancanze oppure a proteggere la persona da eventuali sensazioni ritenute intollerabili dalla persona. Il grasso rappresenta una corazza per proteggersi dalle sofferenze.

Le principali tentate soluzioni sono rappresentate da:

  • Dieta controllata o “fai da te” che può avere anche successo inizialmente o per un periodo di tempo variabile, ma che basandosi sul controllo della quantità e della tipologia di cibo concessa, non sempre costruita sulla base del piacere o non prevedendo i cibi preferiti, è destinata nella maggioranza dei casi a fallire. Tutto ciò che viene negato a se stessi, infatti, appare man mano sempre più desiderabile tanto da non poterne fare a meno, con il verificarsi di periodiche perdite di controllo.

  • Vari tentativi della famiglia nell’esortare la persona a mangiare meno che, come una molla, spingono la persona a fare esattamente l’opposto.

La Terapia Breve-Strategica, utilizzando la stessa logica di funzionamento del problema, va a rompere il circolo vizioso che incatena la persona al disturbo, per poi farla divenire consapevole dei meccanismi disfunzionali di mantenimento del problema, fino alla sua totale risoluzione.

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BINGE EATING – ALIMENTAZIONE INCONTROLLATA

Alternanza tra lunghi periodi di digiuno e massicce abbuffate. La sensazione prevalente è quella di doversi difendere dalle abbuffate per il timore di aumentare di peso. La tentata soluzione prevalente è il digiuno che, tuttavia, rende la persona come una pianta assetata nel deserto per cui, giorno dopo giorno, il corpo e la mente sentono sempre più la necessità ed il desiderio del cibo, tanto che nel momento in cui la persona se lo concede perde il controllo e non riesce a fare a meno di abbuffarsi in maniera smodata. Per riparare alle abbuffate, la persona può ricorrere anche a dei lassativi o ad un’attività fisica smodata.

La Terapia Breve-Strategica, utilizzando la stessa logica di funzionamento del problema, va a rompere il circolo vizioso che incatena la persona al disturbo, per poi farla divenire consapevole dei meccanismi disfunzionali di mantenimento del problema, fino alla sua totale risoluzione.