Il paradosso dei nostri giorni: pensare-positivo e finire negativo

Da tempo, ormai, psicologi, sociologi e ricercatori hanno studiato e tentato di evidenziare come il pensare-positivo possa influenzare il benessere e la felicità delle persone. Ma siamo davvero sicuri che pensare-positivo aiuti ad essere felice?

Se alcuni risultati possono lasciar sottintendere una sorta di correlazione tra felicità ed esercizio al pensare-positivo, molto più numerose sono le dimostrazioni secondo cui al crollo delle illusioni corrispondono delusioni coscenti e forme depressive. Tanto più elevata sarà l’aspettativa, tanto più devastante sarà l’effetto della delusione quando questa non si realizza. Fin dall’antichità, molti grandi autori si sono occupati di questo tema fino ad evidenziarne l’estrema veridicità nella vita dell’uomo: da Omero a Virglio, da Shakespeare a Leopardi, da Dostoevskji a Camus.

Oggi, la presunta capacità dell’individuo di influenzare positivamente il proprio futuro mediante il pensiero ottimistico viene utilizzata molto più di quanto crediamo. Si ricorre a questa modalità per rispondere alla crisi, per non perdere la speranza fino a trasformarla in insistenza, per non metterci in discussione e non venire mai meno alle nostre convinzioni, per rassicurarci costantemente, ecc.

E con quali risultati?

Come ben noto a molti ricercatori, il meccanismo della “profezia che si autovvera”, quindi del pensare o del sentire che una qualche cosa andrà in una certa direzione, funziona molto più in negativo che in positivo. Gli effetti positivi sono quindi possibili solo quando inconsapevoli conseguenze delle nostre azioni. Quando invece il meccanismo è volontario si ottiene un effetto paradossale, opposto a quello desiderato. Ad esempio, se sono triste e mi sforzo di pensare-positivo, finosco per deprimermi ancora di più. Se ho paura e cerco di pensare in modo ottimistico alla situazione, mi spavento ulteriormente.

Sono quindi le nostre azioni che fanno scaturire pensieri positivi, non il contrario. Provate a ricordare quelle che sono state le vostre sensazioni ed i vostri pensieri nei momenti e nei giorni successivi al superamento di una prova. In caso di successo, sicuramente vi sarete sentiti più sicuri o più forti. E quel tipo di pensiero, nato come incosapevole conseguenza del vostro agire, vi avrà rafforzato.

In caso di insuccesso, invece, sforzarvi volontariamente di pensare-positivo nonostante il fallimento, vi avrà fatto sentire probabilmente non-compresi, quindi ancor più delusi.

 

Contro l’ossessione della morte, i sotterfugi della speranza si rivelano inefficaci quanto gli argomenti della ragione” E.Cioran

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