Intrappolati nella Rete: giochi virtuali che si trasformano in tragiche realtà.

La notizia di cronaca odierna, relativa al (presunto) suicidio di un ragazzo di 11 anni avvenuto a Napoli la notte scorsa, pare a seguito di un “gioco” in rete, sembra il preambolo di un thriller o comunque di un film… Invece è tutto vero, tutto tremendamente reale, al di sopra di ogni previsione.

L’episodio, a dir poco sconvolgente, mi ha spinto ad alcune riflessioni su un tema – ahimè – troppo sottovalutato.

Il gioco virtuale, specialmente il gioco in rete, è ormai una sorta di pane quotidiano per molti adolescenti e preadolescenti. In rete ci si confronta, in rete ci si conosce, in rete ci si sfida… Anche a distanza o con profili fasulli o false identità, si entra in relazione con gli altri , in un mondo virtuale che, grazie all’evoluzione tecnologica sempre crescente e alla possibilità di assumere un ruolo ben preciso negli schemi di gioco, promuove sensazioni e percezioni molto forti.

Se a ciò aggiungiamo i pericoli ormai noti della rete, come gli adescamenti, le possibili manipolazioni, i fenomeni di cyberbullismo, ecc, capite bene che tale mondo virtuale è perfettamente in grado di promuovere comportamenti e conseguenze reali.

Se è vero che i genitori non devono e non possono fare i “cani da guardia” dei figli, è altrettanto vero che molto spesso diamo poco peso ai loro segnali di allarme o malessere. In particolare mi riferisco a due classi di errori molto comuni:

  1. La tendenza a minimizzare tutto o a sorvolare/rimandare su eventuali richieste di aiuto: Quanto riusciamo a prendere sul serio o con equilibrio ciò che ci dicono i nostri figli? Riusciamo a dar loro il giusto spazio o attenzione? Dedichiamo loro tempo per ascoltarli o per raccogliere ciò che stanno cercando di comunicarci? Spesso pensiamo che la richiesta di aiuto, per essere tale, debba essere piuttosto diretta o esplicita… Ma nel linguaggio dei ragazzi e degli adolescenti quasi mai lo è. Loro utilizzano un linguaggio diverso, fatto di sguardi, di gesti, di espressioni. Prestiamo loro molta attenzione, non sottovalutiamo mai i loro cali d’umore o le loro arrabbiature, non sorvoliamo su ciò che per loro è importante solamente perché non lo è per noi. Ognuno reagisce alla realtà sulla base di ciò che percepisce.
  2. La difficoltà nel mostrare stima e fiducia: Cos’è che fa rispondere attivamente ad una sfida, ad una provocazione, lanciata quasi per gioco in rete? Il bisogno di sentirsi, di riconoscersi, di identificarsi, di provare cose che erroneamente non si è riusciti a provare altrove o in altri contesti. Una facile equivalenza, secondo cui sei qualcuno solo se riesci a superare gli ostacoli più duri e affascinanti, apparentemente per gioco, tragicamente reali. Il disagio di non sentirsi apprezzato o valorizzato può malauguratamente spingerti a cercare apprezzamento altrove, compresi i contesti più immaginari.

Questa tragedia ci spinge a non sottovalutare i messaggi che i nostri figli a volte cercano di mandarci, seppur con le loro modalità, le loro ambiguità e le loro fragilità. Non sorvoliamo sui loro bisogni, cerchiamo di ascoltare bene prima di giudicare: la loro strada passa anche da questo.

I giochi dei bambini non sono giochi, e bisogna considerarli come le loro azioni più serie” M. De Montaigne

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