La storia della mia non-vita

Un uomo trovò un giorno un uovo d’aquila e lo mise nel nido di una chioccia. L’uovo si schiuse contemporaneamente a quelle della covata, e l’aquilotto crebbe insieme ai pulcini.

Crescendo, imparò tutto quello che riguardava l’arte dell’essere pollo. Frugava il terreno in cerca di vermi e insetti, chiocciava e schiamazzava, scuoteva le ali alzandosi da terra e provava le brezza del volo di qualche decimetro.

Per tutta la vita l’aquila fece quello che facevano i polli del cortile, pensando di essere uno di loro.

Un giorno vide sopra di sé, nel cielo sgombro di nubi, uno splendido uccello che planava, maestoso ed elegante, in mezzo alle forti correnti d’aria, muovendo appena le robuste ali dorate. L’aquilotto alzò lo sguardo e rimase a becco aperto stupito e affascinato.

“Chi è quello?” chiese.

“E’ l’aquila, regina dei cieli”, rispose il suo vicino pollo, amico di infanzia cresciuto insieme a lui. “So cosa stai pensando” – riprese il pollo – “togliti dalla testa il desiderio di diventare come la regina del cielo. Lei appartiene al cielo. Noi invece apparteniamo alla terra, perché siamo polli. Accontentati di quello che sei”.

Trascorsero molti anni dopo quell’incontro, e l’aquila divenne molto vecchia.

E così l’aquila visse e morì come un pollo, perché pensava di essere tale”.

Tratto da “Messaggio per un’aquila che si credeva un pollo” di A. De Mello

 

Essere consapevoli di chi siamo, significa conoscere ed ascoltare i nostri desideri più profondi, la nostra identità, i nostri sogni e le nostre aspirazioni. Troppo spesso ci lasciamo ingabbiare in schemi preconfezionati, in grado di farci credere che siano il meglio per noi. In realtà, nessuno meglio di noi sente quali sono i propri bisogni e le proprie necessità. A patto di saperle riconoscere, di darle un nome. Diversamente, continueremo a vivere da polli, in una vita che sentiremo sempre meno nostra.

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