“Un uomo che non ha uno scopo, si distrae con piacere”. Questa frase in cui mi sono imbattuto, mi ha fatto riflettere.
Quando il piacere può essere considerato un problema?
Quando dà dipendenza e quando diviene l’unica bussola per chi non ha una direzione.
Quando non sai dove stai andando, ogni cosa diventa un diversivo.
Le ore perse sui social, le serate che finiscono nel vuoto o in un vortice di bevute, le relazioni che non elevano ma tengono occupati, gli acquisti compulsivi, il cibo usato come anestetico, il desiderio di approvazione… Tutto pur di non guardare dentro.
Il piacere diviene una sorta di anestetico per evitare di pensare o di impegnarsi.
Ed è così che l’abitudine sostituisce il desiderio, che la sopravvivenza prende il sopravvento sulla passione.
Restiamo studenti che non si iscrivono alla vita, spettatori di un film che non vogliamo guardare veramente.
La verità è che senza uno scopo, si sopravvive. Ci accontentiamo di una cosa qualsiasi o, addirittura, di una persona qualsiasi.
Prima di cercare o di parlare di felicità, dovremmo chiederci:
Per cosa sto lottando? Per cosa combatto? Qual è la mia partita?
La risposta non deve essere perfetta, ma deve essere tua.
Perché se scegli tu per te, lo faranno altri.
Il vero problema non è godersi la vita. Il problema è farlo per dimenticarla.